mercoledì 18 febbraio 2009

Olio d'oliva contro olio di semi

In questo post tratterò nel dettaglio la composizione nutrizionale degli oli, cercando di sfatare la falsa convinzione popolare che gli oli di semi siano più leggeri dell'olio d'oliva e più adatti alla frittura. Prima di tutto bisogna dire che le calorie fornite da 100 g di olio in genere sono 900. La differenza, semmai, tra un olio e un altro, sta nella composizione qualitativa dei lipidi. Precisiamo che i lipidi vegetali (gli oli appunto), rispetto ai lipidi animali (i grassi) hanno un maggior contenuto di acidi grassi insaturi: questa caratteristica fa sì che gli oli a temperatura ambiente siano fluidi. L'acido grasso più abbondante negli oli di semi è un acido grasso polinsaturo omega 6, l'acido linoleico. Minore è la presenza degli acidi grassi omega 3, come l'acido linolenico, che tutto sommato si ritrova in discrete quantità nell'olio di colza e in quello di soia. La presenza di acidi grassi monoinsaturi, come l'acido oleico (il tipico acido grasso dell'olio d'oliva), si riscontra in discrete quantità nell'olio di arachide e in quello di girasole.
Ciò che rende unico nel suo genere l'olio d'oliva, rispetto agli altri oli, è l'elevata quantità di acido oleico ( più del 70 %) associata al minimo comtenuto di acidi grassi polinsaturi; questa caratteristica fa in modo che l'olio d'oliva sia meno attaccabile dagli agenti ossidanti, rispetto agli altri oli, soprattutto durante la cottura. Infatti chi utilizza l'olio di semi per friggere commette un errore che alla lunga può giovare alla salute: gli acidi grassi degli olio di semi, facilmente ossidabili in presenza di alte temperature e ossigeno, formano composti altamente tossici come gli acidi grassi trans, i quali portano ad una maggiore insorgenza di aterosclerosi e di malattie cardiovascolari. Inoltre la maggiore presenza di olio d'oliva nella dieta, piuttosto che di olio di semi, porta ad una maggiore quantità di acido oleico nelle membrani cellulari e nelle lipoproteine a bassa densità (LDL), rendendole meno ossidabili dai radicali liberi che si formano nelle cellule, e diminuendo l'aterogenicità dell'LDL appunto. L'elevato valore nutrizionale dell'olio d'oliva è inoltre da attribuire ai composti polifenolici presenti nella polpa delle olive come l'acido vanillico, gallico, cumarico, caffeico, l'idrossitirosolo, i lignani. L'oleuropeina, il principale composto polifenolico dell'oliva, è un estere che si forma dall'acido idrossitirosolo ed è responsabile del caratteristico sapore amaro dell'olio. Questi composti sono presenti in elevate quantità negli oli non raffinati come l'olio extravergine di oliva e svolgono un ruolo fondamentale nella prevenzione delle malattie cardiovascolari, inibendo l'ossidazione delle LDL. Inolte esercitano un'azione antiossidante perchè contribuiscono a rigenerare la vitamina E.

venerdì 13 febbraio 2009

Le uova

Se si parla di uovo, comunemente si intende quello di gallina. Un uovo in media ha un peso di 55-60 g: 17 g pesa il tuorlo, 33 g l'albume, quello che resta è il peso del guscio.
In 100 g di uovo si trovano: 77,1 g di acqua, 12,4 g di proteine, 8,7 g di lipidi, i glicidi si trovano solo in tracce: il tutto per un totale di circa 128 Kcal.
Le proteine dell'uovo, contenendo tutti gli aminoacidi essenziali, sono da considerarsi di elevato valore biologico, seppur la quantità di aminoacidi solforati presenti è elevata e supera il fabbisogno giornaliero dell'uomo.
Ma vediamo nel dettaglio la composizione dei costituenti dell'uovo.
L'albume è costituito esclusivamete da acqua e proteine (per 100 g di albume si hanno 10.7 g di proteine); tra le proteine l'ovoalbumina è la più abbondante. L'ovomucoide e l'ovoinibitore sono proteine aventi attività inibente la tripsina (enzima prodotto dal pancreas e deputato alla digestione delle proteine), e vengono inattivate dal calore. Dunque consumare uova crude non è opportuno, in quanto la quota proteica assorbita risulterebbe mionore, rispetto allo stesso uovo consumato cotto. Inoltre la cottura favorisce la coagulazione delle proteine che risultano così più facilmente attaccabili e dunque digeribili dalle proteasi.
Un'altra importante proteina dell'albume è l'avidina, la quale legandosi alla biotina (vitamina H), forma un composto biologicamente inattivo; l'attività antivitaminica dell'avidina viene persa con la cottura. Dunque consumare uova crude può determinare carenze di vitamina H e danni a carico di pelle e capelli.
Il tuorlo oltre alla quota proteica (per 100 g di tiorlo, le proteine sono 15,8 g), presenta anche una parte lipidica (29.1 g su 100 g di tuorlo): l'acido oleico e gli acidi grassi polinsaturi sono ben rappresentati, anche se la loro quantità varia al variare dell'alimentazione della gallina. Il tuorlo inoltre è ricco di colesterolo (in 100 g di tuorlo si trovano 1335 mg di colesterolo, che in 100 g di uovo si traducono in 370 mg di colesterolo). Ciò non deve destare preoccupazione nei pazienti ipercolesterolemici che possono comunque assumere 1-2 uova a settimana, in quanto la quota di acidi grassi polinsaturi presenti nell'uovo fa abbassare la colesterolemia; inoltre c'è da ricordare che nel determinare la colesterolemia incide più il colesterolo endogeno, ovvero quello sintetizzato dal nostro organismo che quello esogeno ovvero quello assunto con la dieta.
Sicuramente le uova devono essere evitate da coloro che soffrono di calcoli biliari; infatti la quota lipidica contenuta in esse causa un'aumento dell'ormone colecistochinina, la cui azione è quella di determinare la contrazione della colecisti e di promuovere il rilascio della bile: ciò nei soggetti predisposti può indurre una colica biliare. C'è comunque da dire che questa caratteristica colecistocinetica non è esclusiva delle uova, ma comune a qualsiasi alimento ricco di grassi.
Tra i sali minerali, nel tuorlo è ben rappresentato il ferro (in 100 g se ne trovano 4,9 mg), che risulta facilmente assorbibile, essendo l'uovo un alimento di origine animale. Il tuorlo d'uovo è poi un'importante fonte di vitamine idrosolubili (acido folico, vitamine B2, B6 e B12); la quantità di vitamine liposolubili presenti varia al variare del contenuto di esse nei mangimi dati alle galline; la quantità di vitamina D è invece proporzionale all'esposizione al sole della gallina.